Questo post aderisce all’iniziativa #PeopleInAShot: l’emozione del viaggio in un click, lanciata da Emanuele sul suo blog RecYourTrip. Ringrazio Emanuele che, con questa scusa, mi ha fatto scartabellare tra le fotografie degli ultimi 3 anni di viaggi, facendomi rivivere tanti momenti indimenticabili che hanno colorato questo uggioso pomeriggio invernale.
Domenica 29 novembre 2014. Esco dalla mia minuscola stanza d’hotel ancora con la piega del cuscino ricalcata sulla guancia. Sono le 9.00 del mattino ed è il mio secondo giorno a Tokyo. Ho ancora tante cose da vedere e sono impaziente. Salto sulla Yamanote Line, la linea ferroviaria circolare della città, e scendo ad Harajuku Station. L’obiettivo è il tempio shintoista Meiji Jingu, immerso nel grande parco Yoyogi. Ovviamente, appena varcata la soglia del parco, si mette a piovere e io, per il secondo giorno di fila, ho dimenticato l’ombrello in camera.
Accelero il passo verso il tempio – non voglio inzupparmi come il giorno precedente! – e trovo rifugio sotto il porticato.
Giusto il tempo di asciugarmi un poco ed ecco che realizzo lo spettacolo che ho di fronte: la celebrazione di un matrimonio giapponese secondo il tradizionale rito shintoista.
La tradizione vuole che la cerimonia si svolga nei santuari shintoisti oppure a casa dello sposo. Esistono dei periodi dell’anno in cui è più propizio sposarsi e questi sono la primavera e l’autunno: che fortuna, penso io, è fine novembre e saranno gli ultimi della stagione.
La sposa indossa il tradizionale abito bianco, lo “Shiromuku”, e porta in testa lo “Watabooshi”, enorme copricapo di seta bianca che simboleggia la calma e l’obbedienza.
Lo sposo, invece, indossa una sorta di gonna pantalone e, sopra, un kimono con gli stemmi di famiglia.
Per quanto riguarda gli invitati, le donne portano kimono dai colori sgargianti, gli uomini semplici abiti eleganti. Le bambine sembrano finte, bellissime statuette di porcellana, perfettamente truccate a acconciate.
Non è il matrimonio in sé ad attirare la mia attenzione e nemmeno tutto il fermento degli invitati. C’è qualcosa che mi rapisce in tutto quel contesto, e lo capisco solo dopo aver scattato questa istantanea:
La maniacale attenzione ai dettagli è semplicemente esaltata all’ennesima potenza: gli abiti e le acconciature vengono sistemate in continuazione; i movimenti, già limitati dai kimono attillati, sembrano tentennare ad ogni alito di vento. Eppure, tutto accade con grande naturalezza.
La ragazzina dal kimono rosso e dal viso stupendo attende pazientemente che la madre le fissi il suo bel fiocco tra i capelli.
Cado in una sorta di ammirazione per questo popolo così contraddittorio: la pazienza, la dedizione e la costante ricerca dell’armonia nel rispetto delle tradizioni sono uno schiaffo a tutto quello che accade al di là delle mura del tempio. Oltre i confini del parco c’è il quartiere Shibuya con l’incrocio più trafficato del mondo, Takeshita Street e decine di centri commerciali da 15 piani: un tripudio di consumismo che stona irrimediabilmente con quel che ho davanti agli occhi.
Mi allontano dalla ragazzina e mi dirigo verso il prato in cui si sta scattando la fotografia di famiglia del matrimonio appena celebrato. Dopo 20 minuti di attesa ancora nessun click. Imbarazzante l’attenzione ai particolari: un capello fuori posto o un minimo movimento dell’abito richiede il continuo intervento dell’assistente: tutto deve essere perfetto.
Penso a quando anche io, ai tempi in cui praticavo il karate, passavo interi allenamenti a ripetere un unico gesto. Mi vien da sorridere ma la verità è che, forse, è proprio per questa disciplina, questo rigore paziente e questa eleganza palpabile che il Giappone mi incanta e mi attira da sempre.
Michela
Splendida fotografia e bellissimo racconto….mi hai ritrasportato in Giappone con questo post!!!
Elena Frigerio
Grazie Michela, il Giappone mi ha proprio stregata! 🙂
Emanuele - RecYourTrip
Che fortuna imbucarsi in un matrimonio giapponese!! A parte gli scherzi, ti invidio perchè hai avuto la possibilità di calarti inconsapevolmente all’interno delle loro tradizioni. Non ho ancora visto il giappone ma mi affascina tantissimo proprio per quel misto tra rigore, devozione e pazzia dall’altro lato. Grazie per aver partecipato a #PeopleInAShot!
Elena Frigerio
Grazie a te Emanuele! Ti auguro con tutto il cuore un viaggio in questa cultura cosí strana e affascinante. Io ci torneró sicuramente perchè quella volta, purtroppo, ho visto solo Tokyo.