Un paio di settimane fa ho iniziato a raccontarvi il mio itinerario lungo la via della Seta cinese. Vi avevo promesso una seconda puntata ed eccomi qua, pronta per continuare questo viaggio stupendo con voi.
Se ancora non avete letto la prima parte, questo è il link a cui trovate l’articolo. Ci trovate l’itinerario completo e i motivi per cui abbiamo scelto di avventurarci in questa zona della Cina piuttosto sconosciuta.
Il viaggio è stato lungo e super intenso quindi, come anticipato, ho diviso l’itinerario in tre parti: ecco di seguito i primi 8 giorni, trascorsi principalmente nella regione dello Xinjiang:
Giorno 1: Pechino e la Città Proibita
Giorno 2: la Grande Muraglia a Mutianyu e le Tombe Ming
Giorno 3: Pechino > Kashgar
Giorno 4: Kashgar
Giorno 5: Kashgar > Tashkurgan lungo la Karakorum Highway
Giorno 6: Tashkurgan > Kashgar > Urumqi
Giorno 7: Urumqi > Turpan
Giorno 8: Turpan > Urumqi
Giorno 1: Pechino e la Città Proibita
Atterriamo a Pechino alle 10.30, con un’ora di ritardo rispetto all’orario previsto. Il primo impatto con la Cina è insolito o, per lo meno, è insolito rispetto agli stereotipi in circolazione su questo paese.
Mi aspettavo un caos primordiale e invece, davanti a noi, la scena della fila ordinatissima di scolarette in attesa del loro bagaglio al nastro numero 10.
Considerando che durante il volo non ho chiuso occhio, mi chiedo se sono gli effetti della mancanza di sonno o se, per caso, non siamo atterrati in Corea del Sud. Purtroppo, mi rimangerò il pensiero dieci minuti dopo!
L’aeroporto internazionale di Pechino si trova a circa 80 km dalla città e per arrivare in centro ci sono due alternative:
- Prendere un taxi: meno economico e non sempre più veloce rispetto ai mezzi pubblici. Il traffico di Pechino è una cosa seria.
- Prendere l’Airport Express: il treno espresso collega i terminal T2 e T3 al centro di Pechino, rispettivamente alle fermate Dongzhimen e Sanyuanquiao. Da lì poi la metro porta quasi ovunque in città.
Prendiamo l’Airport Express e poi la metro che ci porta in Hotel, scelto in posizione tattica rispetto ai programmi della giornata.
Il primo pomeriggio in terra cinese è dedicato alla Città Proibita. È davvero immensa e ci rimaniamo più o meno 3 ore. Il prezzo del biglietto include l’audioguida che è essenziale per capirci qualcosa. All’ingresso veniamo assaliti da decine di guide turistiche, più o meno vere, che si propongono di accompagnarci. Abbiamo accuratamente evitato e l’audioguida è stata sufficiente.
Come dicevo, la Città Proibita è davvero grande e si rischia di non capire più da che parte si sta guardando. Il percorso migliore è quello lungo l’asse principale. In alcuni padiglioni si svolgono mostre specifiche non incluse nel biglietto. Distrutta dal jet lag non ne ho voluta vedere nemmeno una.
Se non ci fossimo persi tra le uscite della Città Proibita, alle 18.30 avremmo potuto assistere all’ammainabandiera in Piazza Tienanmen, che si trova proprio di fronte all’ingresso principale. Come avrete capito, non ce l’abbiamo fatta.
Giorno 2: la Grande Muraglia a Mutianyu e le Tombe Ming
Non ero per nulla convinta di affidarmi a tour organizzati per andare a visitare la Grande Muraglia cinese. Avevo letto di grandi fregature ovunque e mi ero decisa ad andare con i mezzi. La sfiducia del mio compagno di viaggi è stata però una manna dal cielo. La fregatura l’abbiamo presa ma, almeno, è servita ad evitarne altre per il resto del viaggio.
La Grande Muraglia è immensa e scegliere quale sezione visitare da Pechino non è per niente facile. Prima di partire avevo puntato alla sezione di Jinshanling ma dopo aver constatato che sarebbe stato impossibile farla in giornata, ho ripiegato su Mutianyu.
Mutianyu è raggiungibile da Pechino con i mezzi pubblici, con tour organizzati o con auto privata. Preparatevi, nel caso scegliate i tour, a fare un gran bel giro di shopping obbligato lungo il tragitto. Prima di scegliere la vostra sezione preferita leggetevi questo post di Martina, dove spiega molto bene i pro e i contro delle diverse sezioni.
Dopo la Grande Muraglia abbiamo visitato le Tombe Ming, distanti circa 100 chilometri dalla sezione di Mutianyu. Tornassi indietro eviterei di visitare i entrambe i siti nella stessa giornata, per due motivi:
- La Grande Muraglia merita una giornata intera. Noi ci siamo rimasti sopra un paio d’ore ma avrei prolungato la permanenza molto volentieri.
- Anche il sito delle Tombe Ming merita di essere visitato con calma e non come abbiamo fatto noi, in un’oretta scarsa.
Attenzione agli orari di chiusura dei siti. Nel nostro caso, entrambe chiudevano alle 17:00.
Giorno 3: Pechino > Kashgar
Sveglia all’alba e volo delle 7:00 per Kashgar. È un volo domestico quindi si parte dall’aeroporto “minore”. Per precauzione ci presentiamo al check-in due ore prima ma, vi giuro, sono state a malapena sufficienti. Code così non ne avevo MAI VISTE. Questa cosa della concentrazione di cinesi per metro-quadro ancora non me la so spiegare.
E poi, siete solo voi in mezzo ad un oceano di cinesi. Ci si sente un po’ strani, più alti del solito, più belli anche 🙂 . Ma ricordatevi, la sagra della fregatura è sempre aperta. Ho visto cose che voi umani… tipo personaggi che dietro pagamento promettevano di farci saltare la fila al check-in.
Questo per dire che, a Pechino, meglio presentarsi in aeroporto con largo anticipo, anche se è solo per un volo domestico.
Arriviamo a Kashgar alle 14:00 e ci troviamo letteralmente catapultati in un altro mondo. Siamo sicuri di essere ancora in Cina? Vi parlerò presto dello Xinjiang, ultima regione cinese al confine con il Tajikistan e il Kirghizistan. Contrattiamo con un taxi il trasporto fino all’hotel che si affaccia alla grande piazza centrale, all’estremità della quale troneggia una gigantesca statua di Mao.
Questa megalomania comunista la ritroveremo anche l’anno successivo, nelle ex repubbliche sovietiche dell’Asia Centrale.
In hotel non si parla inglese ma riusciamo a recuperare una mini-cartina turistica della città, rigorosamente in cinese, ma comunque utile.
Prendiamo un bus di linea che ci porta nei pressi della tomba di Abakh Khoja e ci avviciniamo per la prima volta alla cultura musulmana di questa regione. La tomba è un capolavoro dell’architettura uigura, nonché il mausoleo più significativo dello Xinjiang. Fu fatta costruire nel 1640 dall’imperatore Quianlong della dinastia Qing, in onore di una delle sue “n” mogli di origine, appunto, uigura.
Al rientro, passeggiamo per la città vecchia, piena di negozi di artigianato e di bancarelle alimentari, fino alla moschea Id Kah dove scopriamo che solo qualche giorno prima avevano assassinato l’Imam. Ecco il perché di tutti quei militari in giro!
Giorno 4: Kashgar
La giornata è dedicata ai bazaar (mercati): quello del bestiame, la mattina, e quello della domenica, il pomeriggio.
I bazaar sono l’essenza della via della Seta. Erano i luoghi in cui, una volta, si scambiavano le merci delle carovane provenienti da est con quelle provenienti da ovest.
Il bazaar più bello in assoluto, qui a Kashgar, è quello del bestiame. Prima di partire avevo cercato informazioni ovunque ma senza successo. Vi assicuro che ancora oggi, nonostante ci sia stata, ancora non ho ben chiaro dove si trovi. Dovrebbe essere da qualche parte a nord est della città. Noi abbiamo tentato di arrivarci con bus locale ma ci siamo persi “in the middle of nowhere” e, alla fine, abbiamo ripiegato su un comodo taxi (che si è giustamente guadagnato la giornata alla facciaccia nostra).
Il mercato del bestiame c’è solo di domenica ed è molto attivo la mattina. È un grande spazio aperto popolato da pecore, capre, mucche, bufali, cammelli e chi più ne ha più ne metta, tutti in bella mostra per essere venduti al miglior offerente. Tutto intorno a questo grande spazio si trovano bancarelle che vendono cibo “a metro zero”, più che a chilometro zero. Sconsiglio ai vegetariani convinti lo spettacolo della preparazione del pasto.
Cibarie a parte, quel che è interessante è osservare la contrattazione e la compravendita degli animali. Contrattazioni che possono protrarsi all’infinito.
Dopo un paio d’ore passate al mercato del bestiame prendiamo il bus in direzione, questa volta, del mercato della domenica, che si chiama così non so per quale motivo, visto che c’è tutti i giorni.
Nel mercato della domenica ci si potrebbe passare una giornata intera. Vendono di tutto. TUTTO! Dalla carta igienica alla zuppa di noodles bollente, dai lavandini alla frutta secca, dagli scorpioni vivi (!) alle tende da soggiorno.
Giorno 5: Kashgar > Tashkurgan lungo la Karakorum Highway
Alle 9 in punto il nostro autista passa a prenderci alla volta di Tashkurgan.
Tashkurgan è una piccolissima cittadina al confine con il Tajikistan con praticamente niente da vedere e niente da fare. La vera attrattiva non è la città, semideserta e freddissima, quanto lo spettacolo della natura che si mostra agli occhi lungo la strada per raggiungerla.
Questa strada si chiama Karakorum Highway e sono sicura che ne avete già sentito parlare. La Karakorum Highway è la strada asfaltata internazionale più alta del mondo e collega la Cina (Kashgar) con il Pakistan, attraversando la catena montuosa del Karakorum e superando il passo del Kunjerab a 4.700 metri circa. È lunga 1.200 chilometri.
La Karakorum Highway permette l’accesso a 5 degli 8.000 (montagne che superano gli 8.000 metri). Da questa strada si possono ammirare il Muztagh Ata (7.546 mt) e il Kungur Tagh (7.719 mt), comodamente seduti in auto.
Il primo tratto della Karakorum Highway, tuttavia, non è asfaltato. La pioggia, la condizione della strada in sé e l’elevato numero di camion che solcano il percorso rendono l’esperienza unica e, a volte, piuttosto pericolosa.
Dopo due ore di viaggio eravamo fermi in coda, manco fossimo in tangenziale est alle 7.30 di un giorno lavorativo. Un camion, un paio di chilometri più avanti, era incappato in un tratto di strada particolarmente sconnesso, che l’aveva bloccato senza via d’uscita. Altri tre chilometri più in là, un altro camion si era ribaltato ed il conducente, purtroppo, aveva perso la vita.
Nonostante la tristezza degli avvenimenti, era impossibile non rimanere incantati dal panorama, dai colori e dalle luci riflesse sui versanti innevati di questi giganti di pietra. Le montagne, lo sapete, hanno un posto speciale nel mio cuore. La loro imponenza ricorda quanto l’uomo sia piccolo rispetto alla natura: troppe volte ce lo dimentichiamo.
Superato l’imbuto, nel primo pomeriggio arriviamo al lago Karakul, bacino artificiale dall’acqua turchese, sempre in territorio cinese. Non è da confondere con il vero lago Karakul (che vedremo l’anno dopo) che si trova in Tajikistan.
Il viaggio è ancora lungo, ci aspettano ancora 3 o 4 ore di auto. Giungiamo a Tashkurgan al calar del sole e visitiamo il Forte prima che il buio oscuri la vista delle mie amate montagne. Dall’alto del forte si gode di una vista a perdita d’occhio sulle praterie color verde acceso.
Giorno 6: Tashkurgan > Kashgar > Urumqi
Dopo aver dato uno sguardo rapido alla cittadina di Tashkurgan percorriamo lo stesso tragitto del giorno precedente ma in senso contrario, verso Kashgar, fermandoci prima a fare una passeggiata nelle praterie e poi ad osservare la vita quotidiana dei nomadi tajiki che vivono nelle yurte in riva al lago.
Lo Xinjiang è un mosaico di etnie. Questa minoranza tajika mantiene le tradizioni del suo popolo d’origine, vivendo nelle yurte durante i mesi estivi e spostandosi nei villaggi nei mesi più freddi.
Il concetto di freddo e caldo, qui, è ovviamente relativo.
Veniamo accolti nella yurta da una ragazza sulla trentina, con il viso segnato dal sole, dal freddo e dal vento. Il sole filtra dall’apertura a sud, tanti tappeti a terra e un neonato che dorme beatamente in una culla in versione amaca.
Durante i miei viaggi lungo la via della Seta mi sono chiesta spesso come facciano questi popoli a vivere così. Non è una questione di comodità, di acqua calda, di spazi o di temperature. E’ tutto l’insieme che mi spiazza, il ritmo della vita che scorre innegabilmente più lento rispetto a quanto siamo abituati, le aspettative che queste persone possono avere dalla vita.
Non fraintendetemi, non lo dico in senso negativo, anzi. Siamo abituati ad avere certi canoni, che per quanto possano essere differenti da un soggetto ad un altro, sempre canoni occidentali sono: avere un tetto sopra la testa, la libertà di fare ciò che ci pare, un lavoro che ci piace. Qui tutte queste cose scompaiono. E ci saranno altri canoni, che mi piacerebbe capire e che però non sono facili da cogliere.
Mi sarebbe piaciuto dialogare con queste persone ma la loro timidezza, da un lato, e la barriera linguistica molto forte, dall’altro, rende l’impresa decisamente ardua.
Rientriamo a Kashgar verso le 17:00 e decidiamo di sfruttare fino alla fine la giornata esplorando a piedi la parte ovest della città.
Se l’idea di calpestare la Karakorum Highway vi attira, vi consiglio questo mini-tour di due giorni. È vero, è stancante e si passano moltissime ore in auto, ma la bellezza dei paesaggi ripaga di tutto.
Il volo delle 23.25 per Urumqi ci aspetta così saluto Kashgar a malincuore e con non pochi punti interrogativi in testa.
Giorno 7: Urumqi > Turpan
Sembra che dormire, in questo viaggio, non sia contemplato. La sveglia suona alle 6 e in meno di mezzora siamo già in viaggio per Turpan. Tharim, il nostro driver, è giovanissimo e super premuroso: ci offre un Nescafè freddo in lattina che, pur facendo schifo, è la cosa più vicina alla caffeina disponibile al momento. Si è conquistato la mia simpatia in tempo zero!
Aisha, studentessa di lingue e letterature straniere a Shangai, sarà invece la nostra guida alla scoperta delle zone desertiche dell’area di Turpan.
Turpan è una piccola cittadina uigura situata lungo la via della Seta. Si trova anch’essa nella regione dello Xinjiang ed è la seconda città più bassa al mondo. Infatti, è situata in una depressione a -150 mt sotto al livello del mare.
Il clima a Turpan è molto caldo e secco, non piove praticamente mai. Ragazzi, fa un caldo pazzesco! Non ero mai stata a 45 gradi sotto il sole delle 2 del pomeriggio ma vi assicuro che non è stata una bellissima esperienza: sembra di entrare in un forno nel bel mezzo della cottura dell’arrosto.
A Turpan e dintorni ci sono parecchie cose da vedere. Purtroppo, non esistono mezzi pubblici e i siti sono tutti distanti l’uno dall’altro. Per questo abbiamo deciso di affidarci a Tharim e Aisha.
La prima giornata in loro compagnia è dedicata alla visita del villaggio Toyup, alla vecchia capitale Goachang, alle tombe di Astana e alle grotte dei mille Buddha di Bizeklik.
Nel tardo pomeriggio, Tharim ci accompagna nella vigna del fratello per raccogliere qualche grappolo di uva fresca. Poi ci invita a cena a casa sua e, per la prima volta da quando siamo in Cina, mangeremo veramente bene.
Giorno 8: Turpan > Urumqi
Inizio più soft oggi e colazione a suon di noodles e ravioli.
Prima tappa alle rovine di Jiaohe, una grande città militare con più di 2000 anni di storia e risalente alla dinastia Han. La città sorge su una collina desertica tra due vallate solcate da due corsi d’acqua. Jiaohe fu abbandonata definitivamente con l’invasione mongola per mano di Genghis Khan, nel XIII secolo.
Il sole è nascosto dietro alle nuvole e questa cosa non ci dispiace. Fa già parecchio caldo così.
Dopo un paio d’ore ci spostiamo a visitare il museo idrico e i Karetz (pozzi), antico sistema di irrigazione che permise all’oasi di Turpan di sopravvivere nel tempo.
Una tappa al museo di Turpan e poi al Minareto di Emin, il più alto della Cina con i suoi 44 metri. Il suo aspetto è differente dai classici minareti delle moschee dell’asia centrale. Ha una forma conica e una decorazione che è un mix di elementi cinesi ed elementi islamici.
Prima di rientrare ad Urumqi, il nostro amico Tharim ci accompagna in una cantina gestita da una coppia di personaggi improbabili: un francese ex sommelier di una delle più grandi cantine francesi, reclutato dal regime per importare in Cina la cultura del vino; un ragazzo di Padova il cui compito era aiutare il povero sommelier nell’arduo compito.
Dai racconti dei due, i risultati non erano molto incoraggianti.
“Degustiamo” tre tipi di vino, tutti rossi e tutti con una gradazione alcolica importante. Inutile raccontare lo stato euforico al momento del congedo.
Arriviamo ad Urumqi verso le 20 e finiamo nel primo ristorante con “menu disegnato”, dopo aver passato un’ora abbondante cercandone uno raccomandato dalla Lonely Planet. Devo dirlo ragazzi, la Lonely Planet questo giro ci ha delusi: ci fosse stato un solo ristorante da loro segnalato ancora esistente!
Termina qui la nostra esperienza nello Xinjiang. L’indomani cambieremo regione e ci sposteremo nel Gansu.
Qui trovi 8 tappe successive di questo viaggio straordinario.
Giovanni
Ottima descrizione, potrei chiederti come hai fatto ad organizzare la la tratta kangsha-tashkurgan lungo la karakorun highway?
Elena Frigerio
ciao Giovanni, scusami il ritardo nella risposta. Abbiamo fatto un tour privato da Kashgar, con autista e guida.